Anticipazioni - Intervista all'Avv. Pierantoni, Relatrice del workshop "Dialoghi sulla buona governance"
In attesa della seconda edizione del workshop “Dialoghi sulla Buona Governance” – in programma il 16 e 17 settembre 2025 presso il Centro Congressi Santa Elisabetta dell’Università di Parma –, abbiamo incontrato l’Avv. Roberta Pierantoni che per il secondo anno ha collaborato alla ideazione dell’iniziativa e che coordinerà due delle sezioni in calendario.
Il workshop, promosso dall’Associazione Alumni e Amici dell’Università di Parma, sarà dedicato al tema “Cultura del rischio e dinamiche organizzative di impresa” e offrirà strumenti, visioni e pratiche per trasformare la cultura organizzativa in un motore di benessere e performance aziendali.
Con l’Avv. Roberta Pierantoni – esperta di diritto societario e corporate & sustainability governance, partner dello Studio Biscozzi Nobili & Partners di Milano, Lead Independent Director e Presidente del Comitato Nomine e Governance di Banca Mediolanum – abbiamo parlato di sfide attuali, di opportunità future e di come la buona governance possa guidare le imprese in un contesto in continua evoluzione.
Il tema di quest’anno è “Cultura del rischio e dinamiche organizzative di impresa”: dal suo osservatorio professionale, quali strumenti del diritto e di buona governance possono concretamente contribuire a trasformare il rischio da minaccia a leva di crescita? Può condividere un esempio tratto dalla sua esperienza?
«Trasformare il rischio da minaccia a leva di crescita significa dotarsi di strumenti giuridici e di governanceche non siano solo “difensivi”, ma capaci di anticipare i segnali deboli e di orientare decisioni consapevoli. Una governance ben strutturata, basata su regole chiare, trasparenza e responsabilità degli organi sociali, consente alle imprese di presidiare i rischi in modo preventivo e non solo difensivo. Diritto e governance, infatti, sono leve fondamentali quando vengono interpretati non come meri adempimenti formali, ma come strumenti di monitoraggio e visione strategica. Penso, ad esempio, ai modelli organizzativi previsti dal D.Lgs. 231/2001 o all’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati: se applicati con serietà, diventano occasioni per creare processi trasparenti, responsabilizzare le persone e rafforzare la fiducia degli stakeholder. Nella mia esperienza, ho visto realtà che hanno saputo integrare controlli, formazione e ascolto interno trasformando le verifiche da vincoli burocratici in momenti di crescita, capaci di generare innovazione e nuovi piani di sviluppo.»
Nel programma si evidenzia come il benessere delle persone sia ormai un fattore strategico per la competitività. Quanto è importante che le imprese mettano realmente il capitale umano al centro delle scelte organizzative e in che modo ciò contribuisce anche a ridurre i rischi reputazioni e gestionali?
«Il benessere delle persone oggi non è più un tema accessorio ma un fattore di competitività. Le ricerche e i casi di impresa lo dimostrano: ambienti fondati su fiducia, inclusione e coerenza generano motivazione, riducono il turnover e, soprattutto, abbattono i rischi reputazionali e gestionali. Quando le persone si sentono parte di un progetto, è più facile prevenire comportamenti opportunistici, gestire conflitti e costruire resilienza organizzativa. Mettere davvero il capitale umano al centro non significa solo welfare aziendale, ma far sì che ogni scelta strategica tenga conto dell’impatto sulle persone».
Il workshop dedica uno spazio alle tecnologie, dall’Intelligenza artificiale alla digitalizzazione dei processi. Quali opportunità offrono queste innovazioni per rafforzare la governance e quali, invece, sono i rischi etici e di trasparenza da presidiare?
«Le tecnologie, e in particolare l’Intelligenza artificiale, offrono straordinarie opportunità per rafforzare la governance: riducono gli attriti nei processi, permettono di analizzare grandi quantità di dati e liberano tempo prezioso da dedicare a decisioni complesse e a relazioni di valore. Ma, come ha ricordato recentemente Padre Paolo Benanti in un articolo pubblicato su Il Sole24 Ore, non si tratta solo di un tema tecnico: l’automazione porta con sé un cambio di paradigma che ci obbliga a ridefinire il ruolo del lavoro umano. Se i processi diventano più “replicabili” e standardizzati, il valore aggiunto delle persone deve spostarsi verso creatività, giudizio ed empatia. Ecco perché, accanto alle opportunità, dobbiamo presidiare i rischi etici: trasparenza degli algoritmi, tutela della dignità del lavoro, formazione continua. La sfida è mantenere ben salda la bussola etica mentre navighiamo in questo “cambio di mare”».
Guardando al futuro, quale consiglio darebbe ai professionisti e imprenditori che vogliono costruire imprese solide, sostenibili e guidate da una buona governance?
«Il mio consiglio a professionisti e imprenditori è di coltivare insieme due dimensioni: la solidità delle regole e la visione di lungo periodo. Servono sistemi di governance trasparenti e inclusivi, ma anche investimenti in formazione, capitale umano e cultura etica. Le imprese del futuro saranno solide e sostenibili se sapranno unire innovazione tecnologica e responsabilità sociale. L’Intelligenza artificiale, ad esempio, può liberare tempo da attività ripetitive, ma richiede di ripensare radicalmente formazione e ruolo delle persone: sempre più centrali saranno competenze relazionali, pensiero critico e capacità di problem solving. La buona governance non è solo un insieme di regole, ma una pratica quotidiana di equilibrio tra visione strategica, organizzazione, efficienza e valori etici».



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