Intervista al Vice Presidente dell'Associazione Alumni, Prof. Ovidio Bussolati


Bentrovati a “Meet the Board”! Ogni mese vi presenteremo il cuore pulsante della nostra Associazione, ovvero i membri del Consiglio Direttivo, dell’Organo di Controllo e del Collegio dei Probiviri. Il loro apporto è fondamentale per mantenere viva e attrattiva l’Associazione Alumni e Amici dell’Università di Parma.

Proseguiamo la nostra rubrica “Meet the Board” intervistando il Prof. Ovidio Bussolati, Vice Presidente dell’Associazione Alumni.

Professore, qual è il suo ruolo all’interno dell’Associazione Alumni e cosa l’ha spinta a farne parte?
Sono attualmente uno dei due Vice-Presidenti della Associazione, proposto in questo ruolo dalla Presidente prof. Scaffardi che ha ritenuto utile avere un Vice di ambito accademico e uno di ambito non accademico. Faccio parte della Associazione dal 2017, invitato a farne parte dall’allora Rettore prof. Loris Borghi. Ho così deciso di conoscere l’associazione, che era nata nel 2016, e gli obiettivi mi sono sembrati condivisibili, soprattutto per quanto riguarda mantenere la relazione tra l’università e i suoi allievi in modo da favorirne il percorso professionale e, nel caso di allievi di particolare successo, renderli esempi concreti per gli allievi di oggi. Mi è sembrato anche molto importante offrire, attraverso una rete sempre più organizzata, di ex-allievi e amici, occasioni di conoscenza di attività lavorative e di impegno sociale.

Sappiamo che la sua carriera accademica si è svolta presso l’Università di Parma, come ricorda quegli anni? Cosa le ha lasciato l’Università in termini di valori e insegnamenti?
Quei (lontani) anni sono stati fondamentali per la mia maturazione umana e professionale. In un anno mi sono laureato, sposato e ho avuto la prima figlia. Devo dire che ero già inserito in laboratorio dal secondo anno di Medicina (allora non era raro come oggi) ed ero già co-autore di lavori scientifici, anche su riviste internazionali. Ho avuto la fortuna di inserirmi in un gruppo di ricerca con molti contatti con l’estero, soprattutto con gli Stati Uniti, ed era normale lavorare fianco a fianco con quelli che oggi chiameremmo Visiting Professors, con alcuni dei quali ho stabilito rapporti, non solo scientifici, che sono proseguiti per decenni. Due grandi lezioni dei miei maestri sono state la grande capacità di lavoro e la assoluta lealtà: lealtà nei rapporti scientifici e lealtà nei rapporti umani. Devo dire che comportarmi nel resto della mia carriera secondo questi valori è stato naturale.

Lei è stato sino a pochi mesi fa Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma. In un settore così internazionale, quanto è importante per lei rimanere in Italia, e in particolare nell’Università da dove tutto è iniziato?
Da questo punto di vista, la mia esperienza personale è stata un po’ anomala perché, al di là di brevi visite e della partecipazione a congressi o conferenze, non ho trascorso periodi di ricerca all’estero. Ho però collaborato con molti colleghi stranieri e una quota molto significativa dei miei lavori ha anche co-autori non italiani. Mentre in passato gli stage all’estero erano riconducibili ad iniziative personali o a rapporti tra gruppi, oggi abbiamo una grande ricchezza di forme di collaborazione istituzionali (si veda, solo per fare un esempio, la rete EU-Green), impensabile quando ero giovane io (tipica espressione da vecchio….). Questo non toglie che l’università dove cominci il periodo della tua formazione professionale, che coincide spesso con l’età delle scelte di vita, lasci un segno. Le basi, metodologiche e comportamentali, che acquisisci in quel periodo le porti inevitabilmente con te.

Quali consigli che le sarebbe piaciuto ricevere da neo-laureato vorrebbe dare ai giovani laureati di oggi?
E’ importante il rapporto con i propri docenti, soprattutto con quelli che potremmo definire maestri o, secondo una terminologia più accattivante, mentori. Un rapporto che dev’essere maturo e adulto. Il mentore sceglie l’allievo o l’allieva ma anche questi devono scegliersi un mentore, senza idealizzarlo ma consapevoli della necessità di un confronto con una esperienza più matura. Secondo me questo è vero in tutti i campi accademici e professionali ma è soprattutto vero in medicina e, più in generale, in tutte le professioni sanitarie, dove gli aspetti esperienziali, comportamentali e relazionali hanno un’importanza ineliminabile.

 

Articolo a cura di: Flavio Morabito